Passaggi estratti da “Lo yoga e le sue origini” un testo che presenta storia, filosofia e pratiche dello yoga. Su questo sito ho introdotto solo elementi “pratici” e lasciato da parte quelli riguardanti la storia e l’esposizione dei testi tradizionali.
È un testo utile per chi desidera avere a portata di mano una sintesi delle principali opere dello yoga. Sono trattate: Upanisad vediche, Samkhya, Yoga Sutra, Bhagavadgita, Hatapradipika, tutte presentate con la corretta terminologia, i concetti base e le relative pratiche.
Lo yoga è una “disciplina filosofica”. È presente già nelle Upanisad vediche (VIII sec. a.C.) che lo consideravano un mezzo per conseguire l'immortalità. Fu elaborato dal tantra (V-XVI sec. d.C.) che lo trasformò in una pratica alchemica e spirituale. Oggi è un metodo utile per creare equilibrio tra mente e corpo.
L’alfabeto dello yoga è costituito dal linguaggio sensibile del corpo. Con questa chiave di lettura, filo conduttore del testo, è possibile trasformare i concetti presenti nei testi (sutra) in pratiche distensive per la mente e rivitalizzanti per il corpo. Il praticante potrà ideare esercizi che uniscono la logica dei darsan alla creatività immaginativa dei tantra.
Lo yoga della tradizione testuale è “insolito” perché non fa riferimento ad attività motorie. È uno yoga semplice, diretto a un ascolto del corpo dal punto di vista delle sensazioni (percezioni luminose, sonore, tattili, gustative, olfattive). Il libro è rivolto a chi è interessato a una forma di yoga che inizia con l’esplorazione dell’universo presente nella corporeità (la coincidenza atman-brahman è la pratica principale delle Upanisad).
Mi sono lasciato ispirare e trasportare dalla potenza e ricchezza dello yoga tradizionale per allontanarmi da quello attuale, omologato e confinato in posizioni ripetitive che rischiano di far dimenticare gli obiettivi e le meravigliose aperture di quello delle origini, pieno di intensità e rivelazioni.
Buona lettura,
Gino Fioravanti
Questo libro è stato, nella sua forma iniziale, la prima dispensa, fornita agli allievi dell’Accademia Samavaya, scuola di formazione per “Insegnanti yoga”.
La dispensa aveva lo stesso proposito del testo qui presentato, cioè quello di introdurre lo yoga dal punto di vista delle tradizioni dal quale si origina. Questo inquadramento, anche se molto schematico, permette agli allievi, come spero al lettore, di poter orientare i propri interessi nell’infinito e multiforme mondo dello yoga.
A differenza della dispensa, il libro è più completo perché ho inserito maggiori dettagli riguardanti la cronologia e i contenuti di alcune opere principali; ne ho riassunto i principi cercando di mettere in evidenza alcuni elementi utili per pratiche yogiche a indirizzo propriocettivo.
Il filo conduttore che ho tenuto saldo nel testo è il “sentire”, l’essere in contatto con il proprio essere partendo dalla corporeità.
La specificità del testo riguarda proprio l’avere posto l’accento sull’importanza fondamentale della percezione corporea come strumento necessario per ogni pratica.
Il corpo può essere riconosciuto solo attraverso le sue sensazioni; sono loro la chiave, quasi occulta, che può aprirci a ogni dimensione interiore, da quella umana a quella divina.
Gli āsana, praticati con questo criterio, sono l’occasione unica per produrre sensazioni, dalle più grossolane alle più sottili.
Per avere il massimo numero di sensazioni circolanti si dovrà ridurre il movimento muscolare a favore dell’immobilità perché moltissime sensazioni sono fisiologicamente prodotte dal corpo solo in una condizione di riposo.
Nelle sādhanā alchemiche, del Kuṇḍalinī-yoga, si dovranno attivare le sensazioni, stimolarle, dinamizzarle, per poterle trasmutare, sublimare e infine trascendere.
Le sensazioni corporee sono un crocevia mentre l’ascoltarle è il modo per percorrere con senso di realtà, fuori da fumosi cammini coercitivi, lontani da pregiudizi, una strada spirituale. Ascoltare il corpo, accogliendo ciò che si presenta, è già di per sè liberatorio, è già l’aurora della liberazione.
Per conoscere la disciplina nella sua interezza, e dare il giusto peso alla sua filosofia, ho seguito una via molto semplice: sono andato a cercare il significato e le pratiche in due importanti testi, utilizzati per millenni, riferimento per ogni praticante: lo Yoga Sūtra di Patañjali e l’Haṭhapradīpikā di Svātmārāma.
I due sono differenti ma complementari: lo Yoga Sūtra è meditativo, introspettivo, indicato a illuminare l’intelletto e permettere alla coscienza del praticante di raggiungere uno stato di equilibrio interiore (samādhi), cioè di liberazione dalle attività mentali che lo legano all’ambiente e alle contingenze; l’altro, almeno nella sua prima parte, è concreto, pratico, scritto in forma di manuale, volto alla purificazione dei canali formanti la “trama della corporeità” (nāḍī).
Attraverso questo scritto invito a una pratica yoga preceduta da un’attenta lettura degli aforismi (sūtra) contenuti nei testi che mostrano ai praticanti un universo ben più ampio e profondo di quello che oggi è proposto dal mercato.
Voglio inoltre stimolare il lettore e lo studente a intraprendere un cammino a ritroso per risalire alle due tradizioni da cui queste opere prendono ispirazione: la tradizione vedica per lo Yoga Sūtra e quella tantrica per l’Haṭhapradīpikā.